Nuova disciplina della filiazione e delle responsabilità dei genitori

Luglio 18, 2013

TUTTI I FIGLI SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE !

 

In considerazione dell’alto numero di persone che vivono come coppie di fatto e dell’elevato numero di divorzi, è un dato di fatto che molti figli nascono e/o vivono al di fuori del matrimonio civile.

La Legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali) ha un notevole impatto nella disciplina del rapporto fra i figli nati fuori del matrimonio e i loro genitori ed i loro fratelli naturali.

http://leg16.camera.it/561?appro=542

Niente più distinzioni tra “figli legittimi”, “figli naturali” e figli adottivi. D’ora in poi, si parlerà solo di figli. Abolita così, ogni differenza legale tra i figli, nati dentro o fuori del matrimonio.

L’introduzione di uno stato giuridico unitario per tutti i figli – voluto dalla legge n. 219/12 che ha delegato il Governo a modificare le disposizioni vigenti – ne sancisce, finalmente, l’effettiva parità.

Vengono, allora, cambiate tutte le previsioni che, nel Codice Civile e nelle altre leggi, fanno espresso riferimento a “tipologie” di figli. Norme probabilmente in contrasto con alcuni principi della Costituzione italiana. Basti pensare che, gli articoli 3 e 30 della nostra Carta costituzionale, assicurano espressamente ai figli nati fuori dal matrimonio ogni forma di tutela giuridica e sociale. Soppressa qualsiasi discriminazione anche tra figli adottivi, se minorenni, i quali, con l’adozione, oggi non acquisiscono più lo stato di figlio “legittimo” ma di figlio “nato nel matrimonio”.

Proviamo ad elencare le principali novità:

1) Pari diritti ereditari tra figli nati fuori del matrimonio. Questo, uno degli obbiettivi principali della modifica – già apportata dalla legge n. 219/12, all’articolo 74 c.c. – che aveva esteso il vincolo di “parentela” a tutti i soggetti appartenenti allo stesso stipite, a prescindere dal fatto che la nascita della prole fosse avvenuta tra genitori coniugati o conviventi. I figli nati fuori dal matrimonio, con il riconoscimento da parte del genitore, acquistano un legame giuridico non solo con chi li ha riconosciuti, ma anche con i relativi familiari, di cui saranno “parenti” a tutti gli effetti, con conseguente partecipazione al loro asse ereditario.

2) Più tutela e garanzie per i nonni, che, grazie alla riforma, potranno vantare – e far valere in giudizio – il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti, ferma la valutazione sulla compatibilità delle loro richieste, con il superiore interesse del minore, ai sensi del nuovo articolo 317 bis del codice civile. Inoltre il nonno, paterno o materno, cui sia impedito l’esercizio di tale diritto, potrà ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del nipote, al fine di ottenere l’emissione dei provvedimenti più idonei per soddisfare le esigenze dei minori, quali il diritto a conservare e mantenere rapporti significativi con gli ascendenti.

3) Cambia, con la riforma, la nozione di “potestà genitoriale” (nel codice civile ancor definita “patria potestà”), che viene più correttamente definita “responsabilità genitoriale”. Muta, così, la concezione tradizionale del rapporto genitori-figli, non più centrata sul potere che l’adulto (il genitore) – e sul corrispondente stato di soggezione del figlio – ma focalizzata sull’impegno che i genitori devono assumersi nei confronti della prole. In sintesi, il rapporto genitori-figli sarà letto, non più dalla prospettiva del papà o della mamma, ma da quella del figlio, le cui esigenze determinanti al fine di determinare il contenuto delle scelte, che sarà intrapresa alla luce del suo preminente interesse. Il nuovo articolo 316 del codice civile disegna una più chiara e profonda responsabilità del genitore, tenuto a vigilare su istruzione, educazione e condizioni di vita del figlio, fino alla sua raggiunta indipendenza economica, anche in tutti i quei casi in cui non eserciti direttamente tale responsabilità genitoriale (ad esempio perché divorziato o genitore naturale che non vive con il proprio discendente diretto.

4) Introdotta nel codice civile, anche una norma specifica (l’articolo 336 bis) che prevede e disciplina le modalità dell’ascolto dei minori che abbiano compiuto i dodici anni, o di età inferiore se capaci di discernimento. Essi saranno ascoltati, nell’ambito dei procedimenti nei quali dovranno adottarsi provvedimenti che li riguardino, dal presidente del tribunale o dal giudice delegato. L’ascolto avviene sotto la direzione del giudice, talora con l’ausilio di esperti, anche quando vi partecipino i genitori, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, e il pubblico ministero, ove autorizzati dal giudice stesso. La riforma, in questo senso, recepisce le indicazioni della Cassazione, che più volte ha sottolineato come il mancato ascolto del minore costituisca violazione del principio del contraddittorio e dei criteri del giusto processo, purché, è ovvio, non gli arrechi alcun danno.

5) Presunzione di paternità del marito più estesa, grazie alla modifica dell’articolo 230 del codice civile, che presume l’esistenza di un vincolo di sangue, non solo in relazione al figlio concepito – ma anche a quello “nato” – durante il coniugio. In particolare, si presumerà concepito durante il matrimonio il figlio nato entro trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio (articolo 232 c.c.), a prescindere dal fatto che la nascita sia successiva o precedente ai centottanta giorni dalla celebrazione. Ciò che fa presumere la paternità del coniuge, in sostanza, è il collocarsi del parto durante il corso del matrimonio.

6) Ai sensi del modificato terzo comma dell’articolo 234 del codice civile., in ogni caso il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio. La prova della filiazione inoltre – secondo la nuova versione dell’articolo 241 c.c. – potrà essere data (non solo tramite testimoni, come prevedeva la vecchia formulazione del testo) ma con “ogni mezzo”. Eliminato, dunque, ogni limite agli strumenti cui ricorrere per dimostrare il legame di sangue, ove manchino l’atto di nascita e il possesso di stato che restano, ancor oggi, le principali prove della filiazione. Posto che è possibile provare in modo scientifico la paternità, erano divenute anacronistiche e paradossali le limitazioni ai mezzi di prova della paternità.

7) Il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio può essere effettuato sia dal padre sia dalla madre, congiuntamente o separatamente, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento (nuovo articolo 250 del codice civile modificato dalla legge n. 219/12) abbassa da sedici a quattordici anni, l’età dalla quale il riconoscimento del figlio non produce effetto senza il suo assenso. Ampliate anche le possibilità di riconoscimento della prole “incestuosa” (termine oggi cancellato), i cui genitori – ai sensi del riscritto articolo 251 c.c. – non dovranno più dimostrare l’inconsapevolezza, al momento del concepimento, del loro vincolo di parentela. Più semplicemente, il figlio nato tra parenti, potrà essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice, valutatone l’interesse, e la necessità di evitargli un pregiudizio.

8) In materia di disconoscimento di paternità del figlio nato in costanza di matrimonio, il nuovo articolo 243 bis del codice civile prevede che l’azione possa essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio stesso. Chi la promuova, sarà ammesso a provare l’inesistenza del rapporto di filiazione; la sola dichiarazione della madre, tuttavia, non escluderà la paternità. L’azione, improponibile decorsi cinque anni dalla nascita, sarà, però, imprescrittibile per il figlio. Riscritto anche l’articolo 246 c.c.: se il presunto padre o la madre (titolari dell’azione) siano deceduti senza averla promossa, ma entro il termine previsto, potranno esperirla discendenti o ascendenti. Il nuovo termine decorrerà dalla morte del presunto genitore, dalla nascita del figlio postumo, o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascun discendente. Diversamente, in caso di decesso del figlio titolare dell’azione, avvenuto anteriormente al suo esercizio, coniuge o discendenti potranno avanzare l’istanza entro un anno dal decesso del figlio o dalla maggiore età di ciascun discendente.

9) In attuazione della delega, il nuovo articolo 79 bis della legge n. 184/83 (disciplinante le adozioni) impone al giudice – di fronte a casi di minori a rischio abbandono, stanti le gravi difficoltà economiche familiari – di fare il possibile affinché possano crescere nella loro famiglia. Egli, pertanto, sarà tenuto a segnalare ai Comuni, le situazioni di indigenza dei nuclei che abbiano richiesto interventi di sostegno. Si consentirà, così, ai competenti servizi territoriali, di attivarsi – compatibilmente con le risorse finanziarie e le sfere di competenza – per fornire aiuto concreto alle famiglie fortemente disagiate, impossibilitate, altrimenti, ad occuparsi dei propri figli.

http://www.leggioggi.it/2012/12/18/riconoscimento-figli-naturali-la-legge-gazzetta/

http://www.anusca.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4243

http://www.dirittoegiustizia.it/news/9/0000063535/Figli_legittimi_e_figli_naturali_Non_cambia_nulla_sono_tutti_figli_e_basta.html

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